mercoledì 6 agosto 2008

Una casa in viaggio

Per iniziare la nostra conversazione vorrei sapere, innanzitutto, se ritieni che la tua casa rispecchi il tuo modo di essere e in che senso.
Sì, penso di sì, nel senso che sento molto la mia casa come qualcosa in divenire e questo rispecchia il mio stato d’animo attuale… sto attraversando una fase di rielaborazione della mia vita passata e questo, un po’ per caso, un po’ per scelta, si ritrova nella mia abitazione. Ci sono tante cose, piccole e grandi, che lo testimoniano, a partire dai pavimenti siciliani dei primi del ‘900, scheggiati, usati, che conservano il segno visibile della presenza di altri passi e di altre vite. Lo stesso si può dire per l’arredamento, fatto di oggetti che hanno già avuto una loro vita… una vita che a un certo punto ha incrociato la mia. E’ stato un incontro a metà strada, un accoglierci vicendevolmente. Ogni mobile, ogni oggetto, reca con sé qualcosa che è già stato e che dà un’anima alla casa… e questo è quello che sento anch’io rispetto al mio passato. I vasi sono scheggiati, come me hanno le loro ferite. In realtà questa casa è un viaggio cominciato da un ritorno, il ritorno nella mia città natale. E’ un camminare insieme a questi oggetti, al tepore che essi emanano, andare avanti percorrendo insieme un pezzo di strada…

Questo significa che non consideri questa casa, con il suo arredamento, un punto di arrivo, qualcosa di definitivo, e che dunque non escludi la possibilità di modificarla in futuro, anche radicalmente.
Assolutamente, come ho detto il carattere principale della mia casa è di essere qualcosa in divenire e che dunque può cambiare continuamente.. è così che avverto adesso la mia vita, il mio stesso modo di essere…

In ogni caso, al di là dell’occasionalità con cui questi mobili sono arrivati fin qui a me sembra che essi abbiano un carattere stilistico abbastanza unitario. In questo forse hanno agito anche i tuoi studi storico-artistici?
Be’.. in parte è vero, ma non c’è un’intenzionalità in questo senso, intendo un criterio di intenzionalità estetica ben definito. Senz’altro però la mia formazione nel campo della storia dell’arte agisce come un sostrato che ogni tanto riemerge.

Io noto il prevalere di un certo gusto per le forme lineari d’inizio ‘900
Sì, forme liberty e déco, ma molto discrete. Sono state scelte non solo per un mio personale gusto estetico, ma anche perché si adattassero al tipo di casa che le ospita, che è appunto d’inizio secolo. Volevo che gli oggetti si trovassero in un ambiente consono, si sentissero in un certo senso “a casa” anche loro. Ho messo una particolare cura nella scelta del letto, un liberty siciliano appunto, perché amo molto questo stile. E’ uno dei mobili che più ho voluto. E’ molto decorato, con intarsi di madreperla. A partire da esso ho concepito anche il resto dell’arredamento intorno. In realtà tutti gli oggetti e i mobili che entrano in casa creano tra loro delle corrispondenze. Ad esempio, la stampa appesa accanto al letto è una Salomè, uno dei soggetti preferiti dell’Art Nouveau. Non è antica, ma è stata scelta da me e dal mio compagno appositamente. Le decorazioni floreali del letto, anche se siciliane, costituiscono un richiamo esotico e quindi attorno sono venuti a prendere posto oggetti che in qualche modo instaurano un dialogo con esse. Questo vale per il mobiletto di legno scuro, anch’esso siciliano d’inizio secolo, ma che nelle sue linee si avvicina al gusto coloniale dei paesi asiatici, come per gli oggetti poggiati su di esso: una scatola nera portacipria alla quale sono molto affezionata perché donatami da mia madre che a sua volta l’ha ricevuta da sua nonna, e che reca incise figure di donne d’aspetto orientale, e poi una vecchia scatola armena acquistata ad Istanbul.

Se tu dovessi attribuire degli aggettivi alla tua casa che ne indicassero la “sicilianità” quali useresti?
Il primo aggettivo che userei e che si identifica molto con la Sicilia è, come ho detto, l’accoglienza, la storia dei siciliani è fondata sull’accoglienza. Per esempio ne Il Gattopardo, che è un po’ la Bibbia della “sicilianità”, si parla della Sicilia come terra che ha accolto i popoli nel tempo. Questo è quello che si avverte nella casa, ciò che avvertono gli amici e gli ospiti che vi entrano. La sensazione è quella di un abbraccio, che poi, se vogliamo dare un senso animistico al nostro discorso, è quella stessa sensazione che gli oggetti “provano” nel momento in cui si sentono accolti. Un altro aspetto che richiama fortemente la Sicilia è la presenza costante della luce che in qualche modo esalta i colori della casa stessa, dai pavimenti alle pareti.


E poi della Sicilia nella tua casa ci sono le piante ed i fiori…
Sì, questo ha origini molto lontane. Fin da bambina io ho fantasticato, nuotandovi con la fantasia, fra le infinite figure che si scorgono tra le tessiture di petali, foglie, fiori. E’ quasi un legame magico che ho con i fiori e che è rimasto nel tempo ed è passato alla casa. Fiori raccolti per strada o nei campi. A seconda della stagione possono essere dei cardi viola o gialli o le infiorescenze dei finocchi selvatici di cui è piena la campagna siciliana. Molto spesso sono solo delle foglie o dei rami secchi che però assumono forme in sé perfette esteticamente. In realtà questa casa senza fiori è come se perdesse una parte della sua anima… amo i fiori delicati e minuti, bianchi, raccolti durante le passeggiate e messi in piccoli bicchieri di vetro… raggiungono una sorta di magica compiutezza, di perfezione.

Da quanto hai detto finora mi sembra che il tuo modo di vivere questa casa scaturisca da una tensione costante tra l’abitare e il viaggiare.
Sicuramente. C’è una corrispondenza tra quello che mi interessa fare nel mio futuro, cioè viaggiare, e questa casa, che vedo un po’ come una casa-sosta… come un intervallo nel movimento. Tutte le cose che porto al mio ritorno sono sì ricordi di luoghi, persone, incontri, ma al contempo vivono dentro me come una grande tensione verso il futuro, uno sprone a farmi conoscere altro ed altri… in realtà tutto ciò che è in questa casa è frutto di un incontro. Ad esempio, l’unica foto che finora ho appeso alle pareti è quella di una bambina turca scattata in Cappadocia dal mio compagno. E’ una foto alla quale sono molto legata e il guardarla ogni giorno non è soltanto rinnovare quel passaggio della mia vita, ma in sé racchiude la possibilità di incrociare altri occhi di bambini, per altre strade. Credo che la prossima foto che entrerà in casa sarà quella di due bambine di un villaggio berbero in Marocco. E’ un immagine che in qualche modo stabilisce un contatto con l’altra fotografia, c’è un filo che lega l’una all’altra.

Per concludere vorrei che mi parlassi del piccolo appartamento contiguo al tuo, una sorta di dependance allo stesso tempo interna, perché parte della casa alla quale è collegata da un terrazzino fiorito, ma anche esterna, perché destinata ad accogliere ospiti di vario genere.
Questa casetta si caratterizza soprattutto per la sua grande luminosità, per i colori vivaci. E’ molto mediterranea e si distingue da quella in cui vivo. L’idea è sempre quella di un’apertura verso l’esterno. Questo significa che è sempre disponibile per gli amici che vengono a trovarmi ed è concepita in modo tale che in un futuro prossimo possa diventare anche un Bed & Breakfast con tutti i confort, compresi i due terrazzi a disposizione dei clienti per fare colazione, cenare, prendere il sole. In realtà ho già fatto le prove generali accogliendo vari ospiti provenienti da paesi diversi e dai messaggi che hanno lasciato pare che questa casetta riesca a trasferire una sua energia, un senso di serenità.

Alfredo Nicastri
Fes - Amsterdam, luglio 2007

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