martedì 16 giugno 2009

Nascondigli d'autunno ( Mine Kerse Istanbul )

Çukurcuma è uno dei quartieri più affascinanti di Beyoğlu di Istanbul, con le sue piccole strade traboccanti di oggetti di brocanterie esposti dagli antiquari, antichi hammam, gallerie d’arte e atelier di giovani artisti-designer: tutto concorre a creare un’atmosfera unica, bohémienne e raffinata. Appena imboccata Faik Paşa Sokak, uno dei primi piccoli negozi dinanzi alle cui vetrine si rimane affascinati è quello di Mine Kerse (Faik Paşa Sk. no. 1/a, tel: 0212 2493561). Da dietro i vetri si vedono i suoi cappelli, le sue borse, le scarpe, esposti con molta grazia e discrezione accanto a vecchi scrigni pieni di foglie gialle e brune e a delicati piccoli bouquet di fiori secchi. L’atmosfera è piena di beige, di nuances dai crema al marrone, dai grigi chiari ai verdi appena accennati. La stessa eleganza timida dei rami e delle foglie accartocciate che decorano la bottega. Mine crea i suoi modelli nell’atelier al piano superiore a cui si accede con una scaletta di ferro e lì, tra le stoffe ci sono altre foglie, altri piccoli steli di piante raccolte.
L’incantevole musica con cui lavora, mi dice, è senza parole perché non vuole distogliersi dal suo lavoro: anche la musica sembra avere le stesse avvolgenti tonalità ovattate del resto dell’ambiente. Ci sono dei vecchi manichini da sarto nel negozio. Mine li ha trovati da uno dei tanti piccoli antiquari di Faik Paşa, proprio fuori dalla porta della sua bottega. Sono oggetti a lei familiari fin da quando era bambina, fin da quando osservava incantata il lavoro di sua madre che cuciva abiti da sposa e di sua nonna che realizzava busti e corsetti. Un richiamo simbolico di continuità con questo passato familiare rimane ancora visibile in ognuna delle sue borse in cui vengono usate come manici, tracolle o decori le stesse corde che giravano nelle ruote delle vecchie macchine da cucire Singer. Mine ha ereditato una tradizione antica, preziosi saperi artigiani che, dopo un apprendistato e una collaborazione con il fashion designer turco Ümit Ünal, ha poi unito, nel suo atelier, ad una grande capacità creativa e ad uno stile riconoscibile e molto raffinato.
Le luci sono basse ed è come se ogni cosa rimanesse un po’ nascosta.
I suoi cappelli hanno delle grandi virgole di stoffa su un lato, come a coprire parte del viso. Mi spiega che la sensazione che li anima è quella che potrebbe provare una bambina che vuole guardare il mondo curiosa, ma di nascosto, senza farsi vedere. E’ per questo che Mine ama l’autunno e ne trasfonde i toni nelle sue creazioni. L’autunno è per lei qualcosa di protettivo, un nascondiglio rassicurante: anche il sole, come quella bambina immaginata dietro ai suoi cappelli, può nascondersi, a volte, tra le nuvole. L’estate è una bugia, mi dice. C’è un capello di un celeste chiaro ma polveroso che ha i colori di un cielo autunnale.
In futuro Mine pensa di incrementare la realizzazione di scarpe (semplici modelli dai toni neutri, delicatissimi). Ribaltando, infatti, la comune visione che attribuisce un’indiscussa centralità all’abito, per lei le scarpe o le borse non devono essere considerate “accessori”, ma veri protagonisti del vestire a cui è piuttosto il resto che deve adattarsi. Mine fa notare che una donna quando esce di casa si cambia spesso d’abito, ma non svuota la sua borsa ogni volta.


Nella sua ispirazione non ci sono richiami consapevoli a determinati stili o a periodi della storia dell’arte. Se però deve immaginare un’eco lontana per i suoi modelli, forse ritrova in essi qualcosa di medioevale. E’ una suggestione perfetta per le sue creazioni e trova riscontro in un’eleganza che non pretende di mostrarsi, ma che aspetta di farsi scoprire. Davanti alla sua bottega non c’è insegna, le sue clienti l’hanno conosciuta passando per caso per Faik Paşa o attraverso il passaparola. Quando le chiedo chi siano le sue clienti mi risponde che sono donne di tutte le età che si riconoscono in un preciso gusto e che, soprattutto, non pretendono di apparire a tutti i costi. Una lezione di vera eleganza…

(La Gazzetta di Istanbul, a. XVII, n. 1, gennaio 2009)

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