Tutte le donne della cooperativa rurale di Agni N’Fed, avvolte nell’eleganza dei loro costumi, con i loro occhi scuri resi ancora più profondi dai tratti neri del kajal, erano un cerchio di mani, pietre, noci di argan, veli colorati che ci ha trascinato dentro la loro vita con un abbraccio di sguardi silenziosi e accoglienti. Appena arrivati alla sede di M&D, l’Ong con cui siamo partiti, abbiamo conosciuto Nourdine, nato in un piccolo villaggio berbero dell’Antiatlante marocchino. E’ stato la nostra guida preziosa in quei giorni di cammino. E’ lui che ci ha accompagnati ad Agni N’Fed, poco distante da Taliouine, per visionare il primo progetto che con la nostra scelta di viaggio avevamo contribuito a finanziare. Nourdine ci considerava non turisti, ma viaggiatori. Perché camminavamo a piedi, avevamo un mulo per qualche bagaglio, dell’acqua e poche arance comprate al suk del villaggio lasciatoci alle spalle. Preparava il tè accendendo piccoli fuochi al riparo di una roccia, in un deserto di grigi e ocra in cui sembrava che le capre brucassero solo pietre per sopravvivere. Quando scorgevamo una casba con i suoi terrazzamenti verdi di mandorli e di ulivi, sapevamo che al nostro arrivo le donne avrebbero continuato a lavorare nei campi, a trasportare fasci di erbe per gli animali e che i bambini ci avrebbero sorriso da lontano. Allora ci sentivamo davvero “viaggiatori” perché la vita quotidiana del villaggio sembrava scorrere non turbata dalla nostra presenza.
La sera Nourdine chiedeva ad una famiglia di ospitarci per la notte e qualcuno ci cedeva dei cuscini per terra e dei tappeti dello stesso colore delle capre. Nourdine ci spiegava che i Berberi del Marocco aprono le loro case a chiunque bussi alla loro porta in amicizia. Quando in una sosta all’ombra di un marabutto sbucciava un’arancia, sistemava le scorze bene in vista per le greggi che prima o poi sarebbero arrivate al seguito di un pastore nomade. Lo faceva con una grazia della condivisione che ho visto nei gesti di molti Berberi in quei giorni.
Vivere con la gente dei villaggi è un privilegio possibile grazie al Turismo responsabile. Questo stile di viaggio che cerca di arginare il più possibile gli effetti spesso devastanti del turismo di massa puntando invece su criteri di equità sociale e di rispetto culturale ed ambientale, può richiedere, naturalmente, capacità di adattamento a condizioni di vita molto semplici. Ma i viaggiatori solidali ricercano un’autenticità nella loro esperienza e considerano determinante l’incontro, tramite un mediatore culturale come per noi Nourdine, con le comunità ospitanti (ong, comunità di villaggio, associazioni contadine etc.). Nel turismo responsabile, inoltre, buona parte degli introiti va a finanziare direttamente progetti di sviluppo nelle aree visitate e la conoscenza di tali progetti diventa parte integrante del viaggio. E poi, al rientro, un viaggio solidale continua… portando acqua nei campi, garantendo un reddito alle donne, preservando le colture tradizionali, combattendo l’analfabetismo delle aree rurali, ma soprattutto formando in loco gli attori consapevoli di uno sviluppo sostenibile.
La sera Nourdine chiedeva ad una famiglia di ospitarci per la notte e qualcuno ci cedeva dei cuscini per terra e dei tappeti dello stesso colore delle capre. Nourdine ci spiegava che i Berberi del Marocco aprono le loro case a chiunque bussi alla loro porta in amicizia. Quando in una sosta all’ombra di un marabutto sbucciava un’arancia, sistemava le scorze bene in vista per le greggi che prima o poi sarebbero arrivate al seguito di un pastore nomade. Lo faceva con una grazia della condivisione che ho visto nei gesti di molti Berberi in quei giorni.
Vivere con la gente dei villaggi è un privilegio possibile grazie al Turismo responsabile. Questo stile di viaggio che cerca di arginare il più possibile gli effetti spesso devastanti del turismo di massa puntando invece su criteri di equità sociale e di rispetto culturale ed ambientale, può richiedere, naturalmente, capacità di adattamento a condizioni di vita molto semplici. Ma i viaggiatori solidali ricercano un’autenticità nella loro esperienza e considerano determinante l’incontro, tramite un mediatore culturale come per noi Nourdine, con le comunità ospitanti (ong, comunità di villaggio, associazioni contadine etc.). Nel turismo responsabile, inoltre, buona parte degli introiti va a finanziare direttamente progetti di sviluppo nelle aree visitate e la conoscenza di tali progetti diventa parte integrante del viaggio. E poi, al rientro, un viaggio solidale continua… portando acqua nei campi, garantendo un reddito alle donne, preservando le colture tradizionali, combattendo l’analfabetismo delle aree rurali, ma soprattutto formando in loco gli attori consapevoli di uno sviluppo sostenibile.
L'OLIO DI ARGAN
L’argan (argania spinosa) è un antichissimo albero endemico del sud ovest del Marocco dai cui frutti, delle piccole noci di colore giallo intenso, si ricava un prezioso olio. Le foreste di argan marocchine sono state classificate dall’UNESCO “riserva della biosfera” e, nel 2001, presidio Slow Food. L’argan è al centro della vita dei villaggi di quest’area: le foglie e la polpa delle bacche sono nutrimento per le capre che si arrampicano in cima ai rami e dalle noci le donne ricavano da millenni, attraverso una laboriosissima lavorazione con pietre e piccole macine, un olio usato sia per scopi cosmetici che alimentari (in questo caso i semi vengono tostati). L’olio di argan ha eccezionali proprietà antiossidanti, emollienti, idratanti e lenitive ed è ricchissimo di vitamina E. Con l’olio di argan e le mandorle si prepara l’amlou che assieme al pane e al tè viene offerto nei villaggi berberi come segno di benvenuto.
(E'lifestyle, a. III, n. 9, pp. 60-63)
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