La storia di Öykü Thurston, è legata alla magia del feltro fin dalla sua infanzia, quando all’età di dieci anni in Giappone comincia ad apprenderne i segreti della lavorazione. Molti anni dopo nel 2006 apre Art.I.Choke, il suo negozio-laboratorio ad Istanbul (Çukurcuma, Faikpaşa Sokuşu, n.1 http://www.artichoke212.com/).
Ancora oggi, quando parla del feltro, con i suoi grandi occhi scuri, ne evoca una dimensione quasi magica. Lavora da sola nel suo atelier, con le sue fibre naturali purissime, con il sapone d’oliva e con l’acqua calda che servono per l’infeltrimento. Dice che il feltro ha un’anima, vive, respira. Rimane incantata mentre sotto le mani ne segue le morbide rughe che si vanno formando, le venature che inaspettatamente indicano il percorso di un disegno, di una forma, e senza preavvisi danno luogo a una stola o al fiore di un copricapo. Il feltro conferisce ai suoi capi un senso di metamorfosi che annulla i confini tra balze di seta e di lana e rende impercettibile il passaggio al lino o alla canapa in accostamenti sfumati di diversi tipi di fibre. Öykü usa anche la canapa, la soia, il bambù. L’attenzione alla qualità delle fibre è massima. La lana usata è esclusivamente australiana o inglese, la seta viene comprata in Giappone. In qualche canestro sparso nell’atelier si possono vedere delle piccole matasse di lino grezzo, o dei bozzoli di seta naturale. Anche l’attenzione per la casa è molto viva nelle creazioni di Art.i.choke (bellissimi sono i tappeti e le coperte). Öykü è un architetto che ha studiato al Fashion Institute of Design and Merchandising di Los Angeles. La sede di Art.i.choke di Çukurcuma merita senz’altro una visita anche per l’atmosfera degli ambienti. Tra luminose finestre e specchi antichi, sono esposti abiti, borse, pantofole e persino alcuni piccoli saponi avvolti nel feltro come morbidi sassolini beige e bianchi.. Öykü ama ricordare quanto il feltro sia profondamente legato alle antiche tradizioni della sua terra. Un tempo, per ripararsi durante la notte, queste morbide fibre lanuginose diventavano superfici insidiose per scorpioni e sicuro rifugio per i sonni degli uomini. Dopo millenni di storia, questa tradizione artigianale che proprio nell’Asia centrale e in Turchia si è maggiormente perfezionata, diviene, nelle sapienti mani di Öykü Thurston, una preziosa fonte d’ispirazione per un’eleganza insolita, sofisticata ed anche… ecologica.
http://www.premionapoli.it/2008/istambul.html
(La gazzetta di Istanbul Anno XVII, n.3 marzo 2009)
felt, feltro, lifestyle, oyku thurston, istanbul, cukurcuma, fashion, interior design, moda, arredamento d'interni, design,viaggi, travel
giovedì 20 agosto 2009
domenica 16 agosto 2009
Nei villaggi berberi dell'Atlante marocchino
Tutte le donne della cooperativa rurale di Agni N’Fed, avvolte nell’eleganza dei loro costumi, con i loro occhi scuri resi ancora più profondi dai tratti neri del kajal, erano un cerchio di mani, pietre, noci di argan, veli colorati che ci ha trascinato dentro la loro vita con un abbraccio di sguardi silenziosi e accoglienti. Appena arrivati alla sede di M&D, l’Ong con cui siamo partiti, abbiamo conosciuto Nourdine, nato in un piccolo villaggio berbero dell’Antiatlante marocchino. E’ stato la nostra guida preziosa in quei giorni di cammino. E’ lui che ci ha accompagnati ad Agni N’Fed, poco distante da Taliouine, per visionare il primo progetto che con la nostra scelta di viaggio avevamo contribuito a finanziare. Nourdine ci considerava non turisti, ma viaggiatori. Perché camminavamo a piedi, avevamo un mulo per qualche bagaglio, dell’acqua e poche arance comprate al suk del villaggio lasciatoci alle spalle. Preparava il tè accendendo piccoli fuochi al riparo di una roccia, in un deserto di grigi e ocra in cui sembrava che le capre brucassero solo pietre per sopravvivere. Quando scorgevamo una casba con i suoi terrazzamenti verdi di mandorli e di ulivi, sapevamo che al nostro arrivo le donne avrebbero continuato a lavorare nei campi, a trasportare fasci di erbe per gli animali e che i bambini ci avrebbero sorriso da lontano. Allora ci sentivamo davvero “viaggiatori” perché la vita quotidiana del villaggio sembrava scorrere non turbata dalla nostra presenza.
La sera Nourdine chiedeva ad una famiglia di ospitarci per la notte e qualcuno ci cedeva dei cuscini per terra e dei tappeti dello stesso colore delle capre. Nourdine ci spiegava che i Berberi del Marocco aprono le loro case a chiunque bussi alla loro porta in amicizia. Quando in una sosta all’ombra di un marabutto sbucciava un’arancia, sistemava le scorze bene in vista per le greggi che prima o poi sarebbero arrivate al seguito di un pastore nomade. Lo faceva con una grazia della condivisione che ho visto nei gesti di molti Berberi in quei giorni.
Vivere con la gente dei villaggi è un privilegio possibile grazie al Turismo responsabile. Questo stile di viaggio che cerca di arginare il più possibile gli effetti spesso devastanti del turismo di massa puntando invece su criteri di equità sociale e di rispetto culturale ed ambientale, può richiedere, naturalmente, capacità di adattamento a condizioni di vita molto semplici. Ma i viaggiatori solidali ricercano un’autenticità nella loro esperienza e considerano determinante l’incontro, tramite un mediatore culturale come per noi Nourdine, con le comunità ospitanti (ong, comunità di villaggio, associazioni contadine etc.). Nel turismo responsabile, inoltre, buona parte degli introiti va a finanziare direttamente progetti di sviluppo nelle aree visitate e la conoscenza di tali progetti diventa parte integrante del viaggio. E poi, al rientro, un viaggio solidale continua… portando acqua nei campi, garantendo un reddito alle donne, preservando le colture tradizionali, combattendo l’analfabetismo delle aree rurali, ma soprattutto formando in loco gli attori consapevoli di uno sviluppo sostenibile.
La sera Nourdine chiedeva ad una famiglia di ospitarci per la notte e qualcuno ci cedeva dei cuscini per terra e dei tappeti dello stesso colore delle capre. Nourdine ci spiegava che i Berberi del Marocco aprono le loro case a chiunque bussi alla loro porta in amicizia. Quando in una sosta all’ombra di un marabutto sbucciava un’arancia, sistemava le scorze bene in vista per le greggi che prima o poi sarebbero arrivate al seguito di un pastore nomade. Lo faceva con una grazia della condivisione che ho visto nei gesti di molti Berberi in quei giorni.
Vivere con la gente dei villaggi è un privilegio possibile grazie al Turismo responsabile. Questo stile di viaggio che cerca di arginare il più possibile gli effetti spesso devastanti del turismo di massa puntando invece su criteri di equità sociale e di rispetto culturale ed ambientale, può richiedere, naturalmente, capacità di adattamento a condizioni di vita molto semplici. Ma i viaggiatori solidali ricercano un’autenticità nella loro esperienza e considerano determinante l’incontro, tramite un mediatore culturale come per noi Nourdine, con le comunità ospitanti (ong, comunità di villaggio, associazioni contadine etc.). Nel turismo responsabile, inoltre, buona parte degli introiti va a finanziare direttamente progetti di sviluppo nelle aree visitate e la conoscenza di tali progetti diventa parte integrante del viaggio. E poi, al rientro, un viaggio solidale continua… portando acqua nei campi, garantendo un reddito alle donne, preservando le colture tradizionali, combattendo l’analfabetismo delle aree rurali, ma soprattutto formando in loco gli attori consapevoli di uno sviluppo sostenibile.
L'OLIO DI ARGAN
L’argan (argania spinosa) è un antichissimo albero endemico del sud ovest del Marocco dai cui frutti, delle piccole noci di colore giallo intenso, si ricava un prezioso olio. Le foreste di argan marocchine sono state classificate dall’UNESCO “riserva della biosfera” e, nel 2001, presidio Slow Food. L’argan è al centro della vita dei villaggi di quest’area: le foglie e la polpa delle bacche sono nutrimento per le capre che si arrampicano in cima ai rami e dalle noci le donne ricavano da millenni, attraverso una laboriosissima lavorazione con pietre e piccole macine, un olio usato sia per scopi cosmetici che alimentari (in questo caso i semi vengono tostati). L’olio di argan ha eccezionali proprietà antiossidanti, emollienti, idratanti e lenitive ed è ricchissimo di vitamina E. Con l’olio di argan e le mandorle si prepara l’amlou che assieme al pane e al tè viene offerto nei villaggi berberi come segno di benvenuto.
(E'lifestyle, a. III, n. 9, pp. 60-63)
villaggi berberi, trekking marocco, morocco, marrakesh, kasba, casba, souk, suk, bazar, olio di argan, argan oil, huiled'argan, arganiere, zellig, cultura berbera, produzione zafferano, migration et development, èlifestyle, travel, holidays, viaggi, avventura, antiatlante, atlante marocchino, turismo responsabile, turismo solidale, viaggi solidali, rural journey, trekking morocco, maroc berbere, art de vivre, cooperativa femminile, safran maroc, amlou, giovanna d'angelo, meduse, appartamento del gelsomino b&b
Iscriviti a:
Post (Atom)