
Perché Çukurcuma? Perché qui l’atmosfera è unica e imperdibile per chi si trova a passare per l’Istanbul europea di Beyoğlu.
Semplicemente camminare per le strade di questo micro quartiere è una piccola, rilassante esperienza da riportarsi in valigia tra i ricordi. Çukurcuma è piena di negozietti di antiquariato e di rigattieri che si fermano agli angoli delle strade con i loro carretti di legno sgangherati carichi di oggetti dimenticati. Qui un çay (il tè turco servito nei bicchierini a forma di tulipano) o un succo di melograno, sono deliziosi pretesti per indugiare con lo sguardo sull’andirivieni lento di queste strade cosmopolite, dove tante lingue si sovrappongo e dove donne interamente velate di nero s’incrociano con look metropolitani. Çukurcuma può offrire soste interessanti e inconsuete ai suoi visitatori, a condizione che si abbia voglia di passeggiare senza fretta e di curiosare. Tutto è concentrato in tre, quattro vie, Faik Paşa Sok., Turnacıbaşı Cad., Ağa Hamami Sok., Çukurcuma Cad. … e tutto è abbastanza silenzioso e calmo. Faik Paşa Sok., piena di antichi palazzi, si svela con discrezione. Nessuna vetrina o insegna, ad esempio, richiama l’attenzione su A La turca, una bellissima dimora su tre piani di fine Ottocento oggi trasformata in un elegante negozio d’antiquariato. Se ad accogliervi è il padrone di casa, Erkal Aksoy, esperto di tappeti e kilim, è possibile che vi offra un tè e una piacevole chiacchierata davanti al camino acceso, tra lo sfavillio di splendidi oggetti antichi. Quasi di fronte, merita una visita la galleria Nahide che raccoglie lavori di interessanti artisti turchi e dove è possibile trovare piccoli pezzi di design e di arredo. Più giù nella stessa strada è consigliabile per gli appassionati di fotografia visitare le esposizioni della Elipsis Gallery, che propone sempre autori internazionali e mostre di alto livello.

Ancora su Faik Paşa, un diverso mondo antiquario, esotico e asiatico, si dischiude da Moderntarih, dove la maggior parte di mobili, arredi e sculture proviene dalla Cina, dal Giappone, dall’India e dalla Turchia orientale.
Se si vuole sorseggiare un çay, all’incrocio con Turnacıbaşı Sok., il Café 49 offre una calda atmosfera, cortesia e dell’ottima musica. Specchi, divani e tavolini sono in vendita con prezzi visibili nel menu! Da dietro le vetrate si vede scorrere la vita quotidiana di questo quartiere con i suoi venditori ambulanti, gli artisti che qui hanno scelto di vivere, i ragazzi che tornano da scuola... Appena fuori è imperdibile per i nostalgici degli anni Settanta, Müstamel Eşya evi, un negozietto di modernariato interamente dedicato a mobili e complementi d’arredo dei mitici Seventies e dintorni. Per chi vuole poi continuare il giro all’inseguimento di memorie perdute, proprio di fronte, De Form Muzik, propone una grande varietà di dischi in vinile da collezione. A pochi passi, all’angolo, superato l’incrocio con Faik Paşa, da quelle che sembrano semplicemente le grandi finestre di un’abitazione si scorgono invece gli interni del raffinato negozio d’antiquariato di Ayşe Orberk: tre piani di arredi, lumi, tessuti di gran classe, esposti in un’ atmosfera avvolgente. Splendide composizioni di fiori, bacche, pigne e melograni incantano dalle vetrine chi passa. In cima al negozio, da una terrazza su cui riposano le pance di antiche giare turche, si gode di una bella vista sulle stradine di Çukurcuma.
Continuando il giro, se non si vuole rinunciare al rilassante piacere di un bagno turco, il Tarihi Ağa Hamamı è un piccolo hammam tradizionale di quartiere del XV sec., misto (cioè con un’unica sala per gli uomini e le donne).
Nella vicina Altıpatlar Sok. è interessante entrare nel negozio di Leyla traboccante di tessuti ottomani, autentici kaftani d’epoca, antiche stoffe ricamate, scialli, cuscini e merletti d’antan. Da Inbak, nella stressa strada, si trovano invece begli utensili artigianali in legno d’ulivo (taglieri, mortai, mestoli, ciotole) provenienti dalla costa egea, dell’olio d’oliva di buona qualità, saponi naturali, miele e conserve. Da provare, nella parte superiore del locale adibita a bar, la spremuta fresca di mandarino.
Sotto la moschea verde, la Firuzağa camii, c’è sempre tutto un brulicare di gente nei tavolini all’aperto dove si va a prendere il tè o a gustare la pide (una sorta di pizza turca). I tantissimi stranieri che bazzicano la zona non sono turisti, ma abitanti del quartiere che hanno fatto di quest’angolo il loro punto d’incontro. Prima di lasciare Çukurcuma vale la pena concedersi un ultima sosta al Cezayir (Hayriye Caddesi), accogliente e chic bar-ristorante, all’interno di uno storico edificio un tempo di proprietà italiana, con una splendida zona giardino aperta in estate e ambienti davvero molto cool!















Salvatore Messina qualche anno fa ha scelto di aprire il suo laboratorio di ceramica (Ceart) in una stradina un po’ defilata del borgo medievale di Erice. Per prima cosa c’è l’amore per la materia, per la terra lavorata con le mani, per i pigmenti di colore che aprono vie impreviste ai giochi cromatici dopo la cottura. Spesso la creta è quella impura usata nelle prime ceramiche preistoriche che Salvatore ha ritrovato attraverso i suoi studi di archeologia navale. L’osservazione del vasellame più antico gli ha confermato il suo amore per l’imperfetto. Ha ripreso l’antichissima tecnica di lavorazione della creta senza il tornio, ottenendo forme meno precise, ma più amate per le loro curve inquiete.
A ciò è arrivato passando anche attraverso lo studio del design. Il contatto con l’oggetto perfetto nella forma e la sua potenzialità seriale, lo hanno portato per contrasto, a valorizzare nelle sue maioliche l’unicità di ciò che è irregolare, impreciso, irripetibile. Nel suo lavoro lascia sempre un ampio margine di sperimentazione in cui, nonostante la conoscenza della tecnica, c’è lo spazio prezioso del fortuito, del casuale, dell’inatteso. L’effetto imprevedibile può far risplendere gli smalti di luminescenze e di sfumature tanto più preziose perché inaspettate, mentre i piccoli fallimenti consolidano l’esperienza nel trattare la materia. Nell’azzurro, nel verde, nel bianco, nel giallo passano le suggestioni della sua Sicilia e di Erice in particolare. Grandi cupole, pesci panciuti, acquasantiere, candelabri… le forme sono esagerate, traboccanti di virgole di creta, straripanti di decori e di smalti.
E’ immediato il richiamo al Barocco, ma l’intenzione dichiarata è invece quella di recuperare le deformità del Romanico, delle figure fantastiche e mostruose a guardia delle cattedrali.
Così anche le icone dipinte nella sua bottega, che riprendono la tradizione greco-ortodossa della sua famiglia materna, di origine croata.
Giunti ad Aleppo, uno dei piaceri della sosta in questa città millenaria è andare alla ricerca nei suoi leggendari souk del famoso sapone profumato d’alloro. L’origine della produzione del sapone d’Aleppo si perde davvero nella notte dei tempi, ma è intorno al IX sec. 



I loro corpi seminudi sono forti, massicci e i seni grandi e stanchi. Eppure sfregano sulle schiene grandi nuvole di sapone bianco. Ma è il sapone carezzevole, non le loro mani. I loro movimenti sono lontani dall’idea delle mollezze orientali con cui ci si sdraia per la prima volta sui marmi caldi dell’hammam. Servono mani forti per lavare e sfregare e chinarsi mentre i vapori caldi levano il respiro. Si capisce la loro familiarità con i corpi nudi da come si aggirano per i vari ambienti e lavorano con le loro mutande slabbrate, inutili. Qualche volta in una pausa tra turni si riuniscono per terra in una piccola sala attigua, a ridere tra loro con risate vere e a suonare. In un hammam femminile ciò che si dischiude è il corpo della donna, di ogni donna che è venuta lì a compiere un gesto semplice, umile verso il suo corpo, cioè lavarlo. Accanto alle conche di marmo dove si raccoglie l’acqua, ci sono seni che fioriscono e altri che si allungano appassiti, ma alla fine sembra che ogni donna si riconosca nell’altra, in quello che è stato o in quello che sarà e ogni sguardo in fondo è languido e distratto.
Lì l’immagine del corpo femminile coincide con la naturalezza delle cose della vita, con quello che succede senza grandi rimedi a fermarne il corso. Potrebbe sorprendere vedere con quanta cura qualcuna passi il sapone tra le pieghe del suo ventre provato, ma proprio in quel gesto si manifesta in tutta la sua presenza di donna, così com’è, come può essere ognuna dietro le porte chiuse, i vestiti e le faccende che portano per le strade. Ed è così anche per i corpi giovani. Anche quelli belli non sono arroganti. Ci sarebbero troppi moniti nell’hammam.